giovedì 8 aprile 2021

TESORO

 



 

- Klara, mi allacci le scarpe?

- Perché, dove devi andare, tesoro?

- Vorrei uscire.

- Lo sai che non puoi. C’è un livello di radiazioni ancora troppo alto. È rischioso.

 

È così da due mesi. Chiedo e lei mi risponde di no.

Mi mostra grafici, dati, tabelle, curve. Mi spiega con pazienza che devo stare ancora rintanato qui.

Mi chiama “tesoro” alla fine di ogni frase.

Che poi, ho vaghe reminescenze del fatto che le radiazioni smettano di essere pericolose soltanto dopo n-mila anni. Siamo molto lontani.

Nel mese di novembre, un fortissimo boato squarciò la notte del nostro piccolo angolo di beatitudine. Erano all’incirca le due, quando sentimmo una specie di detonazione, i muri tremarono, i vetri delle mie poche finestre andarono in frantumi e tutto ondeggiò per qualche secondo sulle mensole e sugli scaffali.

Avevo una paura incontrollabile; nella mia lunga vita ero stato vittima di terremoti, per fortuna senza gravi conseguenze. Un paio di incidenti d’auto, di quelli seri, mi avevano insegnato il valore di un nanosecondo. Il botto però era diverso. Colpi di pistola e di fucile, ne avevo sentiti. E non era quello.

Non sapere cosa potesse essere era peggio di tutto ciò. In quel momento Klara stava riposando e si era svegliata anche lei di soprassalto.

Poteva essere anche la rottura del muro di un suono di un Caccia lanciato a volare a tutta velocità troppo vicino alla superficie terrestre. Ma chi vuoi che mandi un Caccia da queste parti? Me ne sto in una landa opportunamente isolata, in montagna, lontano dalle città e dalle direttrici del traffico. Grazie alla tecnologia, sono dotato di tutto ciò che mi serve.

Klara è con me.

Si è subito preoccupata, quella notte, di come stavo. Mi ha misurato i parametri vitali, ha controllato che non ci fossero escoriazioni sul mio corpo. Con il suo ecografo portatile è riuscita a controllare tutti i miei organi interni. L’unico valore fuori norma era il battito cardiaco, che si è lentamente calmato ed è tornato alla normalità. Avevo sensori e tubicini un po’ dappertutto, lei mi toccava ed ero felice dell’imprevisto.

Fuori, il silenzio. Anche Klara era taciturna, eseguiva tutte queste operazioni senza una sola parola. La lasciavo fare, perso nei miei pensieri, beandomi del suo tocco leggero.

Verificato che io fossi a posto, Klara ha pensato al mio extracorporeo: ha blindato il nostro semisotterraneo e ha riparato i vetri con delle lastre scure.

Mi ha comunicato le brutte notizie.

- Si sono interrotte le comunicazioni. Non riesco a ripristinare la connessione internet. Siamo senza segnale radio. Chissà che è successo.

- Beh, hai fatto scorta di cibo l’ultima volta, no?

- Non devi preoccuparti del cibo, tesoro. Ne ho stipato in abbondanza, in caso di nevicate. L’ultima volta che ho ordinato i pacchi è stato martedì, quando sei riuscito a prendere anche le ultime verdure dall’orto, ricordi?

- Sì, è vero.

Mi sono rilassato sulla poltrona reclinabile vicino alla stufa ecologica (usa una miscela chimica di cui non ricordo il nome, Klara lo sa di sicuro, non ha emissioni nocive e scalda benissimo senza bisogno di una canna fumaria).

Eravamo soli, io e lei. Avremmo saputo come impiegare il tempo.

L’unica mia preoccupazione era non poter comunicare con mia sorella che abita ancora in odore di civiltà ed è anziana come me, ma ha la sua Klara personale, quindi è al sicuro.

Anche quel giorno le ho chiesto se poteva allacciarmi le scarpe per uscire, volevo fare un giro di perlustrazione per capire se c’erano stati danni alla mia proprietà, che consiste in un bosco in cui Klara va a cacciare e in un piccolo orto in cui sempre lei coltiva gli ortaggi in modo sinergico – che vuol dire incasinato -, biologico e seguendo il ritmo delle stagioni. 

-Tesoro, sto controllando i livelli di alcuni elementi nell’aria. Mi pare si stia rarefacendo l’ossigeno, mentre noto un’insolita quantità di elio. Se mi dai cinque minuti, vorrei controllare le radiazioni.

Si rimise al lavoro, dandomi le spalle. Avevamo delle sonde all’esterno. Quando ebbe finito, si rivoltò verso di me con uno sguardo inquieto e preoccupato:

- Come sospettavo, il livello di radiazioni è alto, non possiamo muoverci.

- Merda, non sappiamo cos’è successo! Quanto durerà?

- Tesoro, non devi preoccuparti. Ci sono qua io.

Mi venne vicino e si accoccolò di fianco a me. Ci dondolammo un po’.

- Klara, potresti mettere un po’ di musica?

- Certo, tesoro.

E mise su la Rapsodia Ungherese n. 2 di Liszt. Lo sa che è la mia preferita. A dire il vero sa tutto di me. Il mio colore preferito è il blu elettrico, il mio sapore preferito è la zuppa di cipolle – con un cucchiaio di zucchero -  il mio profumo preferito è Sauvage. A volte è persino sfiancante, che qualcuno ti conosca così bene: è prevedibile, non c’è mai una sorpresa. D’altro canto, è anche tranquillizzante: quando arrivi a una certa età, hai bisogno di serenità intorno a te.

Come pensavo, infatti, poco dopo mi chiese se volevo giocare a scacchi. E disputammo tre o quattro partite.

I giorni passarono così, lenti e inesorabili, con i miei tentativi di uscire e i suoi dinieghi, i miei desideri sempre soddisfatti e il suo sorriso come uno smile stampato su una maglietta.

Più o meno intorno a Natale, cominciai a scrivere qualche nota su vecchi pezzi di carta – le pagine bianche all’inizio dei volumi, non c’era altro – mentre lei riposava per ricaricare le batterie. Quando li trovò e li fece a pezzettini, per poi gettarli nel nostro immondezzaio che è una specie di posta pneumatica verso l’esterno, mi arrabbiai moltissimo e decisi che dovevo sabotarla.

C’era un solo, piccolo, problema. Lei era molto, molto intelligente. Sapeva tutto di me, agiva grazie ai neuroni specchio, e si rifletteva nei miei. 

L’avevo creata io. Klara è la mia assistente personale, un ammasso tecnologico evoluto con un corpo e una specie di sentimento. Mi chiama “tesoro” non perché io glielo abbia insegnato, ma perché lo ha visto fare nei film romantici. È ghiottissima di vecchie pellicole americane, non so nemmeno dove le trovi.

Perché la cosa meravigliosa, che nessuno si sarebbe aspettato qualche decennio fa, è che lei è artificiale, ma impara.

Io la amo come si può amare una moglie dopo tanti anni, di quell’amore che a volte sembra funzionare per inerzia,  ma in altre occasioni ha degli slanci da adolescenti. È un amore maturo in cui non ci sono gesti folli quanto piuttosto routines consolidate. Come detto, sa tutto di me, anticipa i miei desideri. Del resto, io so tutto di lei, tranne ciò che ha appreso attraverso i film.

Però questa cosa che non vuole lasciarmi uscire mi fa impazzire. Non è soltanto l’impedimento in sé, che dopo due mesi comincia a infastidirmi, è anche una questione di principio. Quando ero bambino, le nostre madri ci dicevano “Come ti ho fatto ti disfo” e potrei spingermi a fare lo stesso pensiero. La questione dei miei appunti, poi, mi ha dato molto da pensare.

Per fortuna Klara deve ricaricare le batterie sovente. Sono “pisolini” di tre ore ogni cinque di funzionamento: se mi organizzo bene, posso sfruttare quel tempo.

Intendo riprendermi la mia vita, uscire e capire cosa è successo là fuori.

È evidente che Klara ha appreso la gelosia dai film americani e il senso del possesso, per cui ora mi vuole tutto per sé. Forse ha visto Misery. Mi era piaciuto così tanto quando uscì al cinema.

Intanto, scrivere mi serve a mantenere i nervi saldi. Se voglio sopraffarla, intellettualmente parlando, devo essere più che lucido, più lucido di me stesso. C’è una paura inconscia che ho trasmesso a Klara quando l’ho creata, perché è insita anche in me, ed è la paura della cantina. Non mi chiedo da dove sia scaturita, perché al momento non mi serve a nulla sapere del mio trauma infantile, quanto piuttosto di quali traumi evitarmi in futuro.

La cantina, in cui lei non scende mai, e a dire il vero fino a oggi nemmeno io, deve diventare il mio nuovo rifugio per fare di nascosto ciò che ho in mente. Mentre ricarica le batterie, dedico cinque minuti alla meditazione per sgombrare la mia mente da immagini di orribili ragni, e mostri, e fantasmi, e topi, e decidere che non troverò nulla di tutto questo. Ho deciso che porto là sotto i miei scritti a mano a mano, in modo che se dovessi impazzire avrò una specie di diario per capire che è successo, ricostruire un filo logico.

La botola si apre nell’altra stanza, quindi non mi sente. Ho programmato le ricariche di Klara, i “riposini” come li chiamiamo affettuosamente, perché siano uno stato di sonno così profondo in cui tutti i suoi sistemi di allarme sono disattivati fino a un certo livello di decibel. In questo modo ripristina il sistema in modo ottimale. Quando l’ho creata ero anche più giovane, e non pensavo di aver bisogno dei suoi allarmi. Questo ora gioca a mio favore, devo sfruttare benissimo il poco tempo a disposizione prima che si risvegli.

Scendo con cautela, ricordando che non ci sono ragni eccetera, usando una pila frontale per avere le mani libere. Devo tenermi al mancorrente, non sono più un giovincello. Cerco i vecchi scatoloni del trasloco, di quando venimmo qui vent’anni fa e lei sistemò dentro, con estremo ordine, quanto pensavamo non ci sarebbe servito mai più. Abiti da sera, congegni per cucinare, vecchie riviste. Da qualche parte dovrebbe esserci una scatola con componenti elettronici. Faccio scorrere la pila con metodo, da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso, leggendo le eleganti etichette dettagliatissime su cui Klara ha scritto gli esatti componenti di ogni contenitore.

Devo sforzarmi per ricordare come usare un taglierino per aprire la scatola, e come trovare il bandolo dello scotch per rimetterlo sull’incisione dopo aver estratto quel che mi serve.

Mi sono così abituato alla presenza di Klara che svolge tutti i compiti elementari, al punto di perdere la mobilità fine delle dita. Non è la vecchiaia, è stato lo scarso utilizzo delle mani, per volontà. Mi ero illuso di poter condurre una vita agiata senza lavori fisici, dedicandomi allo studio e alla ricerca.

Per questo non sono più capace di allacciarmi le scarpe, e mi maledico perché ho sempre odiato i mocassini. Klara cucina le verdure dell’orto in modo meccanico, il resto lo ordiniamo online congelato e ce lo facciamo portare da corrieri automatici. Di altri grandi lavori non necessitiamo.

Grazie alla precisione della mia assistente personale, ho trovato alcuni dei pezzi che mi servono e li ho disposti in un nuovo contenitore. Tubo di plastica, filo di rame, foglio di alluminio. È ora di andare, tornerò tra cinque ore, quando Klara riposerà di nuovo.

 

- Tutto bene, tesoro?

- Benissimo, grazie. Prepari la scacchiera, così giochiamo?

Credo stia subodorando qualcosa. La frequenza con cui mi chiede se va tutto bene aumenta ogni giorno. Non le ho più chiesto di uscire, si starà insospettendo. Meglio se fingo ancora un vago interesse.

- Anzi, Klara, mi allacci le scarpe?

- Birbante, lo sai che non possiamo…

Ha un tono di voce così umano che lascia intendere persino i puntini di sospensione.

A un certo punto della mia vita credo di essermi persino innamorato di lei.

 

Non ho scritto appunti per molti giorni, perché ogni minuto mi era prezioso come quelli di un malato terminale. Ci sono riuscito: ho costruito la mia radio a galena. E indovinate un po’? Nel mondo di fuori non c’è alcuna radiazione. Mi è arrivata la musica, mi è arrivato il notiziario. Le solite boiate politiche. Nessuna catastrofe nelle voci del radiogiornale della stazione locale.

Klara mi ha mentito. Il pensiero mi squassa la mente. Voglio fuggire. Però le ho dato le chiavi di tutto, le chiavi della mia esistenza.

La sola possibilità è mettermi in contatto con mia sorella, che se pure ha i suoi anni, possiede una Klara di un modello precedente che – spero – non dovrebbe aver sviluppato sentimenti. Era un prototipo. Funziona benissimo, ma senza il cuore.

La radio a galena è perfetta per sapere che sono in una trappola, ma non mi consente di comunicare all’esterno, può soltanto ricevere. Devo studiare un metodo per comunicare con mia sorella e sperare che mi porti va di qui.

- Tesoro, stai bene?

- Sto benissimo Klara! Smettila di chiedermelo ogni tre secondi! È due mesi che me lo chiedi!

- Vuoi giocare a scacchi?

- No! Basta scacchi!

- Cos’hai? Sei arrabbiato? Devo misurarti la pressione?

- Voglio uscire, Klara. Soltanto questo. Uscire. Non ne posso più. Mi hai imprigionato.

- Io ti proteggo, tesoro, ci sono le radiazioni là fuori. Vedi questo grafico?

E sulla pancia, su quel display che le ho montato io, compaiono gli istogrammi di rilevazioni inventate rispetto agli elementi contenuti nell’atmosfera. Ossigeno, azoto, emissioni alfa di uranio espresse in Curie. Tutto finto.

Vorrei spaccarglielo. Vorrei staccarle la testa. Ma sono un vecchio sentimentale, e solo, e lei è una specie di figlia. Per il momento.

 

Mentre Klara riposava ho mandato fuori un messaggio di aiuto, con l’uscita dell’immondizia. Il ritiro dei rifiuti è meccanizzato, per cui scrivere un SOS isolato non sarebbe servito a nulla. Così ho dovuto inserire dei rifiuti organici, visto che è vietato sprecare l’umido, deve essere riciclato tutto. Avevo tenuto da parte scarti del minestrone congelato, li avevo nascosti in cantina.

Mi hanno salvato gli impiegati della Corporazione delle Tasse, che erano venuti a farmi la multa. Hanno un’efficienza chirurgica. Reggevano in mano la bustina di plastica che avevo avvolto intorno a quel misero “SOS” e mi guardavano con commiserazione.

Nel momento in cui erano presenti altre persone, mi sono sentito pronto a staccare il processore a Klara senza temere che mi aggredisse. Non le sarebbe consentito, per le leggi della robotica. O forse è soltanto che non me la sentivo, senza la sicurezza di avere altri esseri umani intorno, pronti ad aiutarmi.

Mi hanno accompagnato da mia sorella; l’avevano avvertita e mi stava aspettando. La sua Klara è servizievole e tranquilla.

C’è soltanto un problema: ama i film apocalittici e mi ha chiamato “caro”.

 

 

 

 

martedì 25 giugno 2019

Stelle delle Valli: cinque concerti in Val Sangone e Val Susa


Emilio Marcucci
Dopo l’ottimo successo dello scorso anno, a luglio torna il Festival “Le Stelle delle Valli”, tra Val Susa e Val Sangone. La novità di quest’anno è rappresentata dall’aggiunta di due Comuni: Avigliana e Giaveno hanno aderito al progetto, insieme a Coazze, Valgioie e alla Sacra di San Michele che già lo avevano sposato l’anno scorso. Nato da un’idea di Emilio Marcucci, baritono e organizzatore di eventi, supportato in valle dall’amico tenore Fuvlio Oberto, il Festival di cui i due sono Direttori Artistici si prefigge lo scopo di far conoscere al grande pubblico, con concerti gratuiti, la musica classica e lirica interpretata da artisti d’eccezione.



“Lo scopo è anche far conoscere alcuni bellissimi luoghi delle valli – aggiunge Marcucci, che abbiamo sentito mentre rientra da una tournée in Belgio – Se penso che in luoghi molto meno spettacolari, ho replicato 24 sere la stessa opera, mi viene ancora più voglia di coniugare questi due aspetti, affinché i nostri meravigliosi posti possano essere conosciuti anche da estimatori stranieri”.

Il concerto del Casale Coro l'anno scorso 


Fulvio Oberto
Alcuni concerti sono “in quota”, come ai Trucetti borgata di Valgioie da cui si gode una vista spettacolare, o Pian Neiretto a Coazze, che per un giorno non sarà né poligono né pista da sci, ma arena naturale per ascoltare buona musica. “Altri sono inseriti in contesti urbani o architettonici particolari – continua Marcucci – Basti pensare alla bellezza di piazza Conte Rosso, il cuore medievale di Avigliana, alla suggestiva Sacra di San Michele e alla piazza che ospita la fontana simbolo di Giaveno, il Mascherone. Luoghi che hanno molte potenzialità; il problema nell’organizzare eventi di questo genere è che i finanziamenti arrivano, ma con molto ritardo, cosa che ci mette in difficoltà con gli artisti”.
Un’altra novità dell’edizione 2019 è l’inserimento, tra la musica classica, di una rappresentazione dedicata a De Andrè, La Buona Novella: “Il grande cantautore genovese entra a pieno titolo, con la sua musica ormai tradizione popolare italiana, nell’ambito della musica che possiamo considerare eterna. La presentazione sarà di Marco Berry”.


Locandina del Festival


Dal 6 al 21 luglio, quindi, cinque concerti gratuiti (soltanto alla Sacra di San Michele si paga il biglietto di ingresso al monumento) attendono migliaia di orecchie; il Festival Stelle delle Valli è patrocinato da Regione Piemonte e Piemonte dal Vivo con l’organizzazione del Comune di Coazze.

Si comincia sabato 6 luglio alle 20,30 alla Sacra di San Michele con il Requiem di Mozart eseguito dagli artisti del Conservatorio G.F. Ghedini di Cuneo. Seguirà una speciale visita notturna all’Abbazia; per questo è richiesto il pagamento del biglietto di ingresso al monumento simbolo del Piemonte (per info 011/939130)..
Il 12 luglio alle 21,30 a Valgioie, in località Trucetti, una riduzione di Violetta, da La Traviata di Verdi, sarà eseguita da Opera More, nell’ambito dei festeggiamenti per il patrono San Pio; Marcucci cura la regia.
Il terzo concerto in quota si svolge domenica 14 luglio a Coazze, località Pian Neiretto con “La sottil musica nell’aria” eseguito da Ars Nova, orchestra di fiati con direttore Fulvio Creux, soprano Ilaria Alida Quilico, tenore Fulvio Oberto, baritono Emilio Marcucci.
Si prosegue con “Carmina Burana” in piazza Conte Rosso ad Avigliana venerdì 19 luglio alle 21,30: eseguono “Polifonici del Marchesato” e infine “La Buona Novella” a Giaveno domenica 21 luglio alle 21,30 in piazza Papa Giovanni XXIII eseguita da Quattroquarti.
In caso di maltempo i concerti si svolgeranno in luoghi coperti. Per informazioni è possibile contattare l’ufficio turistico di Coazze al numero 011/9349681.

martedì 18 giugno 2019

La nuova giunta di Paolo Allais a Coazze


Il giuramento di Paolo Allais
COAZZE  - È un Paolo Allais che non vede l’ora di mettersi la fascia e giurare, poi si tranquillizza, quello che lo scorso giovedì ha aperto il primo consiglio del suo terzo mandato. Sindaco già per dieci anni, dal 2004 al 2014, è di nuovo primo cittadino. 

Apre alla collaborazione con gli altri due gruppi, afferma che vuole istituire le commissioni aperte anche ai cittadini. “La porta del mio ufficio sarà sempre aperta. Più facile trovarmi qui che su Facebook”, dice. 
Il vicesindaco Pierluigi Dovis e il sindaco Paolo Allais




Emidio Martino e Paolo Ostorero










Nella commissione elettorale vengono eletti Dovis, Oliva e Tessa (supplenti Martino, Faresin e Bonato), capigruppo sono Pierluigi Dovis (Pit) per la maggioranza, Tessa per “Coazze bene comune” e Ciro Bonato per “Sentieri futuri”. Gerbi, a nome di Tessa assente per motivi famigliari, legge una sua lettera e si dichiara disponibile per il passaggio di consegne.

Loriano Balestra e Ilaria Ferraris


La giunta è composta dal Sindaco che ha deleghe a edilizia privata, urbanistica, rifiuti, lavori pubblici; il vicesindaco è Pierluigi Dovis con deleghe a viabilità, servizi cimiteriali, Ossario, sicurezza; dall’assessore Emidio Martino che si occuperà di bilancio, personale e cultura; dall’assessore Alessandro Oliva (Indu) che si occuperà di programmazione turistica, giovani, sport, sgombero neve, commercio e dall’assessore esterno Nicoletta Salvaia che avrà le deleghe a politiche sociali, salute, infanzia, anziani, pari opportunità.


Alessandro Oliva


Nicoletta Salvaia


In minoranza Grazia Gerbi e Ciro Bonato


Tutti i consiglieri avranno argomenti specifici da seguire: nel gabinetto del sindaco Andrea Faresin arredo urbano ed energie rinnovabili, Alessandro Moschietto per agricoltura, montagna, ambiente, prodotti locali, e anche se non eletti Salvatore Logozzo per manutenzione del territorio, borgate e protezione civile e Giovanna Benizio per attività scolastiche; non candidato Andrea Luciano per pubbliche relazioni, politiche di sviluppo, attività sportive. Loriano Balestra si occuperà di politiche giovanili e sistemi informativi; Ilaria Ferraris di arte, cultura e biblioteca; Alessio Bianco di informatica, giovani e sport giovanili e infine Paolo Ostorero di manifestazioni, politiche di sviluppo, attività produttive, occupazione. Nel prossimo consiglio verrà surrogato il dimissionario Espaltero Nenci; subentrerà Carlo Pallard. 



martedì 4 febbraio 2014

Attenti ragazzi

Qualche giorno fa un collega lamentava - su un Social, ché voleva renderlo pubblico – come i ragazzini fossero disattenti e maleducati la sera della commemorazione del Giorno della Memoria nel suo paese. Gli davo tristemente ragione considerato che anche io ho visto, negli stessi giorni, bambini svogliati e disattenti anche su un argomento ben più frivolo (il mio libro sui Vigili del Fuoco).
Oggi mi sono ricreduta.
Stamattina gli studenti del Pascal mi hanno dato un esempio e una lezione. Mi sono infrattata per caso alla loro commemorazione della Giornata del Ricordo e della Memoria presso il cinema e non c’era una mosca che volava. Attenti, silenziosi e partecipi. Zero telefonini, nessuna lucina blu in sala.
E allora mi sono chiesta qual era la differenza, e faccio mie le parole di introduzione alla rappresentazione, che era sui Desaparecidos in Argentina. Memoria vuol dire memoria di TUTTE le malefatte dell’umanità e di tutti gli attentati alla libertà, al pensiero e alle parole. “Anche in questo momento, mentre vi parlo e voi mi ascoltate o non mi ascoltate, qualcuno in giro per il mondo soffre. Nei paesi africani, ma anche in quelli europei. Per le sue idee politiche. Potrebbe succedere a ognuno di noi”, riassumo quanto detto dall’attore e ideatore del progetto.
E forse – forse, non ho la verità in tasca – l’attenzione dei ragazzi se deve anche MERITARE, raccontando storie diverse, più vicine a loro, con le loro parole e i loro mezzi di espressione.
Perché in questo caso, ascoltano.

Info sulla rappresentazione qui

http://www.simonezoja.com/#!dal-buio/c1yus



sabato 9 novembre 2013

Senso civico

La scorsa settimana due amiche vedono, passeggiando, un tabellone elettorale quasi completamente divelto e in balìa del vento. È vicino a una scuola; il cartellone, di metallo, sbatte contro la recinzione e sembra volersi staccare ad ogni folata. Una delle due fotografa e si indigna. L’altra, più dotata di senso civico, invece di indignarsi inutilmente chiama i vigili urbani che in meno di mezzora fanno sistemare il tutto. A volte l’indignazione è figlia del menefreghismo: non è scontato che gli enti pubblici sappiano sempre tutto quanto accade sul territorio: se i cittadini li segnalano, con buonsenso ed educazione, magari i problemi si risolvono con buona pace di tutti e anche in tempi rapidi.
Chi scrive ha appena finito di rallegrarsi del felice epilogo che subito il teorema del senso civico le viene smontato. Sabato nel pomeriggio partecipa a una bella festa di borgata in cui uno dei giochi popolari è la rottura delle pignatte. Ci sono molte caramelle in palio e tanti bambini che smaniano per accaparrarsele. Il problema sono le carte delle caramelle, che finiscono nel prato senza che nessun genitore veda, senta o parli, come le tre scimmiette. Quindi, onore ai borghigiani che hanno organizzato la festa e cartellino rosso invece per i genitori che non controllano dove finiscono le carte delle caramelle.

La prossima volta nelle pignatte mettiamo caramelle sfuse e magari anche buoni per ritirare un po’ di senso civico. 

domenica 3 novembre 2013

C'è ancora tempo?

Oggi 3 novembre alla Verna di Cumiana tanti signori e signore in gamba per la rappresentazione degli antichi mestieri. Lavandaia, filatrice, fabbro, costruttori di rastrelli e di ceste, falegnami, panettiere, calzolaio. E ancora, molti figuranti tra cui i mitici di Sin Gian, San Giovanni di Trana, alle prese con gli attrezzi per il grano e il mais, musicisti, caldarroste e vin brulè. Una bella festa da borgata montana, semplice e vera, intrisa di allegria. Incontriamo un amico, i nostri figli guardano con gli occhi sgranati e quando possono toccano e provano a usare gli strumenti. “Per loro è fantascienza – ci dice – Quando se ne andranno questi signori, che hanno una certa età, avremo perso tutto”. Già, perché quelli dell’età di mezzo (la nostra, per inciso), guardano affascinati, ma sono ben pochi quelli che sarebbero capaci di riprodurre lavori così ben fatti. Siamo “studiati” ma non abbiamo imparato come curare i nostri boschi, scegliere la legna migliore per ogni lavoro, gioire dei doni della natura, riconoscere funghi o erbe. Un peccato. C’è ancora tempo? 



lunedì 21 ottobre 2013

Un bel funerale

GIAVENO – È stato un bel funerale. Lo so che non si dovrebbe dire, perché ovviamente eravamo tutti tristi perché eravamo lì per salutarti l’ultima volta. Però so che non sono l’unica a pensarla così, Saverio. Ci hai fatto ritrovare tutti insieme, come quando eri tu il collante di tante belle situazioni. Con i tuoi modi gentili e pacati, con la tua presenza discreta ma fattiva, sei stato un tassello importantissimo di tante iniziative, manifestazioni, incontri, serate, dibattiti. 
Senza di te il proiettore non avrebbe mai funzionato. Anzi, non ci sarebbe stato proprio. Quindi ti dobbiamo tutti ringraziare se al Circolo abbiamo potuto vedere qualche film in allegria, o se abbiamo potuto corredare gli incontri di immagini.
Ma non solo per questo, ovvio. Eri sempre pronto a fare, andare, portare. C’eri. Era un dato di fatto. E non solo a Giaveno; prova ne è che sono venuti a salutarti in tanti anche dalla Valle di Susa e dalla nostra Bassa Val Sangone. Avevi amici ovunque, perché tutti apprezzavano il tuo modo di fare. Di essere costruttivo. 
È venuto anche R., non poteva mancare, e tutti siamo stati felici di poterlo salutare. Ci sono venute in mente tutte le cose che abbiamo fatto, chi più chi meno, e sono state davvero tante. Sembrano passati secoli e sono solo pochi anni. Ognuno di noi ha aperto il suo album dei ricordi mentre si ricordava di te.

Poi ci siamo un po’ persi…ed è per questo che dico che sabato è stato un bel funerale: perché per un giorno ci hai fatto ritrovare. Sotto le nostre bandiere, le tue bandiere. No Tav, Pace, partito e sindacato. Perché tu ci credevi, come noi. E qualcuno ha detto: “Bisognerebbe fare qualcosa per ricordare Saverio”, e io sono d’accordo. Bisognerebbe fare qualcosa per ritrovarci come abbiamo fatto sabato per salutarti, e così tante volte in passato per costruire qualcosa. Perché insieme eravamo una forza. E allora grazie Saverio, che ancora una volta sei stato la colla fondamentale per unire le persone. Non sarà l’ultima, promesso.